domenica 12 ottobre 2014

Qualcosa di positivo

A volte i clinici, essendo formati per affrontare gli aspetti psicopatologici della persona, tendono ad osservare e a lavorare solo sugli aspetti problematici dell'individuo che hanno di fronte.
A volte i pazienti invitano chiaramente il clinico a lavorare su un problema definito, a volte non hanno idea di quale sia il problema, fino a quando non viene individuato nella fase di assestment.
Ma parliamo sempre di problemi, di elementi negativi.
La psicologia clinica non funziona come la chirurgia, curare una fobia sociale non è paragonabile all'asportazione della colecisti.
Una problematica psichica fa parte di un equilibrio psicologico che va analizzato in maniera esauriente. E letto in un'ottica storica.
Un paziente di 45 anni entra per la prima volta in psicoterapia.
Ci chiediamo quale sia il problema che l'ha spinto a chiedere aiuto.
Ma non basta.
Una domanda altrettanto fondamentale è: perché ha chiesto aiuto o ha iniziato a sentire il bisogno di chiedere aiuto verso i 45 anni?
Come stava prima?
Molti pazienti che vengono in terapia non avevano idea di cosa fosse uno psicologo prima di vederlo in seduta.
Non perché fossero ignoranti. Ma perché stavano bene, prima che qualcosa nella loro vita cambiasse tutto.
La persona che ora viene in seduta, sofferente, inibita o arrabbiata, confusa o ottusa o comunque in qualche modo disfunzionale e priva di risorse, è una persona che un tempo era funzionale e in grado di affrontare il mondo.
Il lavoro del clinico non consiste solo nell'evidenziare gli aspetti disfunzionali di questa persona, ma anche nell'individuare gli aspetti positivi e sani, gli aspetti che un tempo funzionavano e che ora sono sopiti o non funzionano più perché è cambiato il mondo che li circonda.

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