domenica 29 settembre 2019

La trappola del rango

In alcune città dell'Europa pre illuministica si dice che vigesse talvolta una particolare gestione del traffico. Essendo le strade strette capitava che due persone dovessero scegliere chi dei due avesse diritto di precedenza. Il tempo è denaro ed è da sempre forse l'unica misura di cui ricchi e poveri dispongono in egual misura. Allora chi voleva passare per primo - perdendo quindi meno tempo - diceva il proprio rango sociale, che in quei tempi era facilmente individuabile grazie al titolo nobiliare, ordinato per gerarchia: il re è superiore al principe, che è superiore al duca, poi al marchese, al conte, al visconte, al barone, al cavaliere e in fondo il semplice popolano. In caso di pari grado la precedenza si stabiliva in seguito a un duello. La società di oggi è diversa, tuttavia sono ancora molte le persone che cercano di mettere le proprie esigenze e impegni al di sopra di quelli altrui. E vivendo in una società sempre più liquida e complessa alcune persone devono trovare altri criteri per far valere la propria superiorità sull'altro, essendo la società sempre più complessa e non essendoci criteri riconosciuti validi a livello universale e ciò porta a incomprensioni e conflitti.
Esistono dei ruoli che, nonostante l'era nobiliare sia finita, hanno ancora quell'alone aristocratico di importanza e di regalità, basti pensare ad alcuni medici, professori, amministrativi, ufficiali pubblici di alto livello. Alcune persone in questa posizione non fanno valere le proprie ragioni basandosi sulle loro competenze o sul fatto che la legge glielo permette, pretendono di ottenere privilegi solo perché ricoprono quella precisa posizione. Fare così non è solo un'ingiustizia, è anche una strategia disfunzionale, perché viviamo in un mondo sempre più popoloso e confuso. Da psicologo, ad esempio, non posso pretendere che la gente mi ascolti facendo leva sul fatto che ho studiato anni psicologia, anche perché il mondo è pieno zeppo di persone (in alcuni casi anche intelligenti) che non credono proprio alla psicologia. E questo vale anche per tutte le professioni, anche quelle più affermate, dalle arti manuali alle discipline mediche e tecniche.
Evitiamo di fare appello al nostro rango sociale, al nostro livello di studi, al nostro stipendio.
Evitiamo in generale di pretendere di essere più importanti di chi abbiamo di fronte.

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