domenica 5 aprile 2020

Il buco

Il film è ambientato in un mondo distopico e in un'epoca imprecisata, dove vi è questo carcere bizzarro, ogni cella ospita due detenuti, che però possono vedere dal buco sul soffitto e nel pavimento i detenuti dei piani superiori e inferiori. Essendo il film interamente ambientato in uno spazio chiuso non sappiamo se il carcere è dentro un altissimo edificio o se magari si sviluppa sotto terra, tanto per creare questa prima potente sensazione di estraneità rispetto al mondo esterno. I carcerati più fortunati abitano al piano più alto, il secondo livello, dove hanno la possibilità di ricevere una rampa proveniente dal primo piano piena di pietanze da mangiare. La rampa resta per poco tempo e poi continua a scendere attraverso il buco verso i piani più bassi, che ricevono gli avanzi - sempre più scarsi man mano che si scende - di quelli che li precedono. Ma la fortuna gira, infatti dopo trenta giorni chi abita al secondo piano sa che si potrebbe risvegliare al piano più basso. Spesso qualche detenuto si suicida, perché sa che un giorno casualmente sarà assegnato a un livello dove si mangia, mentre prima o poi gli capiterà un livello più invivibile. Il film, inquietante e magnetico, ha una marea di elementi simbolici e può essere letto in molteplici maniere, forse la più importante è quella psicologica sociale. Le coppie di detenuti - quando e se decidono di collaborare fra loro - sono animate da una pesante rivalità con le coppie degli atri piani, provano astio nei confronti delle coppie ai piani superiori e disprezzo nei confronti di quelli inferiori, anche perché spesso ci si ritrova a stare sopra chi qualche settimana prima stava a sua volta sopra di noi. Il protagonista Goreng non capisce questa completa assenza di solidarietà fra carcerati, vissuta in maniera cinica e data per scontata da parte del suo arido coinquilino Trimagasi, che ripete l'espressione è ovvio per sottolineare quanto la violenza e meschinità della loro quotidianeità sia ineluttabile e indiscutibile. Trimagasi si accontenta di sopravvivere e di essere un ingranaggio di un sistema spietato che gli permette di dare sfogo alla propria avidità ed egoismo all'interno di un perenne gioco a somma zero, dove vi è un soggetto più debole, più lento o semplicemente che si trova al piano sbagliato e sotto di lui. Goreng non accetta questo, non vuole fare parte del sistema, quando può cerca di manifestare il proprio individualismo con l'altruismo, la capacità di controllarsi per non arraffare tutte le risorse che ha a portata per condividerle con gli altri e sperare qualcuno ricambi il favore. Il finale, che comprende altre simbologie legate al viaggio, all'ascesa attraverso la discesa simil dantesca, cerca di passare il messaggio che la sopravvivenza non è quella del più forte, ma di chi ha uno spirito collaborativo.

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