lunedì 8 giugno 2015

La Psicodiagnosi di Stalin

Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio noto come Iosif Stalin, è un altro noto dittatore che non sfugge alla comorbilità psichiatrica. Un probabile narcisismo per la sete di potere, un disturbo antisociale per la presa di potere violenta e il governo dispotico, elemento ineludibile in ogni dittatura, che però nel suo caso si rivela essere anche più sanguinaria di omologhi di diversi periodi e contesti. Lo psichiatra Erich Fromm lo definisce anche come sadico non sessuale.
La particolarità distintiva di Stalin risiede nel disturbo paranoide di personalità.
Anche questo è un elemento tipico nei dittatori: chi prende il potere con la forza e contro la legge, ha paura che qualcuno dei propri sottoposti faccia lo stesso con lui.
La manifestazione più celebre della paranoia di Stalin si realizza con le sue note purghe, che raggiungono il culmine fra il 1936 e il 1938, portando all'esecuzione e deportazione di migliaia di persone anche solo sospettate di avere la minima contrarietà rispetto al regime, privando l'Unione sovietica di grandi menti nel campo della Scienza, delle Arti, della Politica e della Tattica militare.
Stalin, come tutti i paranoici, è un individuo che cresce in un ambiente che gli dà ottimi motivi per non fidarsi di nessuno.
Nato in una famiglia povera georgiana, fin da piccolo viene picchiato dal padre alcolista, senza che la madre lo difenda. Allontanato dalla famiglia in tenera età per studiare teologia, è vittima di numerose problematiche di salute, viene coinvolto in incidenti e interventi medici malriusciti lo rendono menomato fino alla morte, senza contare che la sua corporatura minuta per gli standard dei coetanei lo rende vittima di soprusi e maltrattamenti.
È così che nascono le credenze di base su se stesso e sul mondo che lo circonda, credenze tipiche nella personalità paranoide.
Stalin vede se stesso come una vittima ingiusta degli altri, vede gli altri come nocivi, inaffidabili, subdoli o indifferenti, si percepisce da piccolo come debole e dominato dagli altri. C'è solo un modo per impedire che gli altri ti dominino perché sei debole: dominare gli altri con la violenza, senza abbassare mai la guardia nei confronti degli altri, impedendo loro di approfittarsene. Stalin non prende il potere per il gusto di comandare, prende il potere perché teme che senza di esso sarà indifeso, di nuovo vittima dei soprusi degli altri e dell'indifferenza di chi lo dovrebbe proteggere.
Una volta raggiunta la maggiore età Stalin ha ormai stabilito una modalità relazionale alterata sulla base del dominio degli altri e la mancanza di fiducia verso gli altri.
La relazione con la prima moglie tampona solo in parte la disfunzionalità del suo disturbo, scompensandolo totalmente dopo la morte per malattia.
Già il rapporto con la seconda moglie è definitivamente alterato e così sarà per i suoi figli, che tiene sotto stretto controllo e di cui non tollera le libertà che si prendono.
E qui viene la tragedia della personalità paranoide.
Stalin non si fida di nessuno: non si fida dei suoi genitori, non si fida dei suoi generali o degli intellettuali più importanti del suo paese, non si fida dei suoi figli.
Non si fida per paura che qualcuno lo freghi, per paura che qualcuno gli tolga il potere che lo protegge.
Purtroppo, ogni tanto la guardia si abbassa.
Mentre la Germania dichiara guerra all'Europa, la Russia fa affidamento al Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, permettendole di invadere la Polonia Orientale e la Finlandia.
Il 22 giugno 1941 Hitler invade la Russia, rompendo il patto di non aggressione.
Stalin sta male diversi giorni quando viene a sapere della notizia. Non se l'aspettava.
I primi mesi di guerra sono disastrosi, anche perché le purghe hanno svuotato i comandi sovietici, lasciando posto solo a ufficiali incapaci e privi di esperienza, bravi perlopiù a obbedire acriticamente.
Questo riassume il dramma del paranoico.
Non si fida di nessuno, fa la guerra al mondo e il mondo fa la guerra a lui, allontana amici, parenti, individui in grado di aiutarlo, svuota la propria rete sociale. A volte fa anche bene, perché gran parte di coloro che elimina sono effettivamente nocivi e sleali, tuttavia in molti casi allontana anche le persone che potrebbero esserle fedeli e utili.
Poi, a un certo punto, dopo 99 volte su 100 in cui non lo fa, decide di fidarsi di qualcuno: di quello sbagliato.
Confermando ulteriormente la propria teoria del mondo seconda la quale non ci si deve fidare di nessuno!

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