domenica 16 dicembre 2018

La fine della terapia

Ogni tanto i percorsi terapeutici giungono alla fine.
Non per cause esterne e negative, come esigenze economiche, incomprensioni relazionali, insoddisfazione, trasferimento o decesso del paziente o del terapeuta.
Ogni tanto paziente e terapeuta valutano insieme e in armonia di aver raggiunto gli obiettivi terapeutici, di esserne soddisfatti e decidono insieme di porre fine a tale percorso.
Sicuramente è la fine auspicabile di ogni terapia, ma ha sempre un sapore agrodolce, non solo per il paziente, ma anche per lo psicoterapeuta.
La psicoterapia è un viaggio che si fa insieme, a volte avvincente, a volte pericoloso e doloroso. Sono in due i viaggiatori ed entrambi ne escono diversi.
Finire un percorso terapeutico lascia le stesse emozioni che ha un lettore quando legge le ultime pagine di un libro ben scritto o uno spettatore che vede i titoli di coda di un film ben girato.
Da una parte si può provare gioia, serenità, gratitudine, dall'altra nostalgia, rammarico, voglia di posticipare per l'ennesima volta la fine di qualcosa che ci fa stare bene, ma ciò che permettere la nostra crescita a un certo punto dovrà finire, in modo da permetterci di andare avanti con le nostre forze.
La fine spaventa, anche perché simbolicamente è l'elemento maggiormente collegato alla morte, alla fine della vita. Occorre però accettare questo limite nostro e del mondo, anche perché la fine di qualcosa dà ancora più valore al tempo che passiamo durante la nostra esistenza.


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