lunedì 23 giugno 2014

A tutti capita di avere una pessima giornata o di fare errori.
La tristezza, l'ansia e la rabbia verso noi stessi o verso gli altri sono emozioni più che frequenti e naturali nella vita di ogni persona.
Personalmente non costruirei mai un contratto terapeutico che preveda l'annullamento totale di queste emozioni dalla vita psichica di una persona. Chiunque voglia farlo può indirizzarsi verso altri percorsi spirituali, intellettuali o che prevedano l'uso di sostanze e gli auguro in bocca al lupo.
Chi è triste lo è perché sente di aver perso qualcosa che ritiene di valore, che può essere una persona o anche solo un qualcosa di immateriale, come la soddisfazione personale in qualche campo; chi è ansioso pensa che potrebbe perdere ciò che ritiene di valore; chi si arrabbia ritiene che vi sia qualcosa o qualcuno che gli abbia tolto ingiustamente queste cose.
Se perdiamo una partita a un gioco possiamo intristirci perché abbiamo fatto degli errori oppure temere di perdere la prossima partita facendo errori simili oppure arrabbiarci con chi giocava nella nostra squadra, per essere stato un incapace.
Dobbiamo andare tutti in cura per la depressione solo perché la nazionale ha perso con il Costa Rica?
Cosa distingue una persona un po' giù in una giornata del cavolo da una persona depressa?
La generalizzazione.
La generalizzazione è quel processo psichico mediante il quale, partendo da un elemento particolare del mondo che ci circonda, arriviamo a generalizzarlo a tutti gli elementi che fanno parte della sua categoria.
Nelle Scienze la generalizzazione è stata utile per secoli, permettendo di formulare leggi fisiche partendo dall'osservazione di fenomeni particolari.
Ma non tutti i fenomeni che osserviamo sono generalizzabili.
Le generalizzazioni improprie più famose che conosciamo sono gli stereotipi culturali.
Gli italiani sono furbetti; i tedeschi precisini; ebrei, marchigiani, scozzesi e genovesi sono tirchi; gli omosessuali sono sensibili ecc...
Il problema degli stereotipi, per quanto spassosi e con precise e fondate basi storico-culturali a volte, è che ci mostrano un mondo rigido, ben lontano dal mondo reale, un mondo dove possono esistere italiani precisi, tedeschi furbetti, ebrei, scozzesi, marchigani e genovesi munifici e omosessuali freddi.
La perdita di un lavoro, per esempio, indica la presenza di un fallimento localizzato in un preciso momento e in un preciso ambito della vita di una persona. A tutti girano le scatole quando viene persa una fonte di guadagno e girano anche di più se quella fonte di guadagno era anche una fonte di piacere. Ma si tratta di un preciso ambito in un preciso istante, che non riguarda la persona in toto e riguarda il momento presente, non tutta la sua vita.
La depressione si ha quando la perdita del lavoro, che riguarda la sicurezza economica e la soddisfazione personale, va a ledere altre che non la competono, poiché la persona arriva a svalutarsi anche come partner, come padre di famiglia, come amico, smettendo di vedere i risultati che fino a poco prima lo appagavano in quei campi. Stesso discorso con l'ansia, che porta l'individuo a non sentirsi capace in qualsiasi ambito solo perché ha subito un arresto durante il suo percorso lavorativo e con la rabbia, che porta la persona a provare rabbia non solo verso coloro che hanno deciso di togliergli il lavoro, ma anche per chiunque sia loro vicino.

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