lunedì 17 novembre 2014

Omosessualità e omofobia

L'omosessualità è un argomento che può essere letto mediante visioni estremizzate e provocatorie, visioni che possono avere pure un senso in ambito ideologico, culturale, politico o religioso, ma risultano assolutamente fuorvianti in ambito scientifico, in entrambe le direzioni, sia quelle che propendono per la condanna, che quelle che propendono per l'esaltazione.
Avendo lavorato all'Istituto Nazionale di Malattie Infettive per quasi 2 anni, ed essendo l'omosessualità una delle principali categorie a rischio di questo tipo di malattie (il che non mi ha impedito di vedere anche un sacco di insospettabili e virili uomini, madri di famiglia e vecchietti con nuova diagnosi da HIV!) posso dire di aver lavorato con decine e decine di pazienti omosessuali, da quelli più discreti ai classici gay stereotipati, dai pazienti meglio adattati (nei limiti di una malattia infettiva), a quelli più compromessi.
Il classico omosessuale isterico che fa parte dell'immaginario comune esiste, anche se è una rappresentazione banalizzata di una realtà molto più complessa. È una persona che potrebbe avere bisogno di iniziare un percorso terapeutico se lo ritenesse necessario. Ma non per curare la propria omosessualità. L'orientamento sessuale non è una malattia. Lo è una depressione conseguente a un orientamento sessuale non accettato dal paziente stesso e/o da chi lo circonda; lo è un disturbo di personalità che lo ha portato a manifestare la propria sessualità in maniera artefatta, senza piacere e fine a se stessa. L'orientamento sessuale non è più considerabile come psicopatologia dagli anni 80. Chi afferma che l'omosessualità è una malattia da curare è gente che probabilmente non studia da 30 anni e che spara a zero sull'omosessualità senza aver mai avuto un paziente omosessuale o che, se ne ha avuti, ha avuto la ridicola idea di provare a curarli.

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