martedì 29 settembre 2015

Inside out

Inside out è davvero un bel film d'animazione, che oltre a intrattenere come si deve è un ottimo esercizio di alfabetizzazione emotiva, da consigliare a pazienti di tutte le età.
Tutte le emozioni del film accompagnano la piccola protagonista umana Riley dall'inizio della sua vita e la aiutano a relazionarsi con gli altri, a comunicare con loro, ad agire nei loro confronti, a elaborare i ricordi e a costruire gli elementi fondamentali della sua personalità.
Nel film l'argomento meglio approfondito è il rapporto fra l'emozione della gioia e della tristezza.

SPOILER!

Gioia dà la carica, motiva la protagonista a fare del suo meglio, la rende piacevole con gli altri e rende piacevoli le sue giornate. Essendo l'emozione più piacevole per definizione è anche quella che nella prima parte si rende più partecipe, rinforzata dalla personalità dalla bambina e dalle persone che le sono più vicino.
E poi c'è Tristezza.
Tristezza è demotivata e demotivante, danneggia il valore degli eventi rendendoli spiacevoli, non partecipa attivamente al benessere della persona.
Nella prima parte, mentre ogni emozione oltre a Gioia ha il suo posto e utilità nell'equilibrio psicologico della persona (la paura protegge la sua incolumità, la rabbia la tutela dalle ingiustizie, il disgusto evita le contaminazioni fisiche e psicologiche), tristezza è apparentemente inutile.
Quanto gli eventi portano Gioia e Tristezza ad allontanarsi dal Sistema Nervoso Centrale, rimangono solo le altri tre.
Le emozioni rimaste a gestire la vita psicologica al campo base non sono sufficienti, in quanto l'impoverimento emotivo non può che portare a a un impoverimento psicologico.
Oltre tutto Riley è una bambina, una bambina che è stata spesso incoraggiata dai genitori a essere allegra.
La tristezza è già un'emozione che normalmente vogliamo tutti evitare, ma potrenno ipotizzare che nella famiglia di Riley ci sia una tendenza superiore alla media nell'evitamento della tristezza, rinforzando la figlia in tutte le manifestazioni di Gioia e scoraggiando tutte le manifestazioni di Tristezza. Forse è anche per questo che nella prima parte del film Tristezza è un'emozione mal integrata nell'equipe delle emozioni, con Gioia che non sa come gestirla e cerca di metterla in disparte.
Essendo Riley una bambina da sempre abituata a vivere la gioia (del resto è una bambina!), quest'emozione è parte integrante e prevalente della sua personalità e la sua mancanza porta non solo a un'appiattimento emotivo, ma anche a un danno anche a livello della personalità e addirittura strutturale, visti i danni alla memoria.
A questo punto emerge finalmente l'utilità di Tristezza.
Tristezza inizia ad avere buone idee per risolvere il pasticcio in cui si sono cacciati, solo lei ha le conoscenze teoriche per orientarsi lontano dalla base.
Tristezza sa mobilitare una capacità che serverà al gruppo per andare avanti: l'empatia.
Gioia non sa provare l'empatia, perchè l'empatia è una comprensione emotiva della sofferenza di un'altra persona. Gioia non può capire cosa sia la sofferenza, perchè ha cercato sempre di evitarla, solo Tristezza la comprende, perchè la vive sempre.
Verso la fine, perfino Gioia, in un momento di potente scoramento, arriva (finalmente) a essere triste, cosa che finalmente le dà la consapevolezza.
Gioia ricordava solo momenti felici, perchè rifiutava quelli spiacevoli, essendo completamente antitetici a lei e quindi da evitare a ogni costo.
Ricordava solo un momento in cui in cui la squadra osannava Riley, ma non ricordava che fino a poco prima era triste, sotto l'influenza di Tristezza, perchè aveva fallito il colpo.
Riley non avrebbe mai ottenuto quel momento felice se prima non avesse espresso Tristezza.
Qui emerge lo scopo fondamentale nella comunicazione delle emozioni.
La tristezza è l'emozione che ci porta a chiedere a aiuto e a ricercare l'altro, a dare valore all'altro per chiedergli aiuto, a essere forti perchè abbiamo unito a esso le nostre capacità e qualità, cosa che però non otterremo mai se prima abbiamo comunicato all'altro che ci sentiamo deboli da soli.

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