venerdì 12 febbraio 2016

La vera storia del pirata Long John Silver: un esempio di disturbo antisociale di personalità

Questo libro, molto meno conosciuto del classico L'isola del tesoro è una sorta di seguito spirituale dell'ononimo romanzo di Stevenson. Il libro parla della vita dell'antagonista del grande classico, il pirata Long John Silver, partendo dalla sua infanzia fino alla sua fine che avviene molti anni dopo la fine dopo la vicenda del tesoro. Long John Silver è un uomo che ama la vita e la libertà. È un pirata, ma è un pirata atipico: i pirati comuni sono uomini feroci e impulsivi, come lui anarchici e gaudenti, ma abituati ad arraffare ricchezze in fretta e a perderle in poco tempo in gioco d'azzardo, donne e alcolici. Il pirata medio è il comune individuo antisociale, è violento, ma anche poco lungimirante; Silver è intelligente, avveduto, non sperpera tutte le sue ricchezze guadagnate con ladronerie.
Silver è un manipolatore, un bugiardo, un uomo che sa affabulare le persone, sa  guidarle e influenzarle a suo piacimento, sa farlo sia con gli onesti che coi criminali.
Long John Silver ha l'elemento centrale dell'essere antisociale: l'essere un solitario.
Perché l'antisociale puro non può fare quello che vuole, essere completamente libero, vivere bene e farla franca, se non è disposto a stare solo.
Il vero antisociale è colui che pugnala anche le persone a lui vicine.
Questo è ciò che lui fa al protagonista dell'isola del tesoro, Jim Hawkins, col quale aveva costruito un rapporto di amicizia, ma che avrebbe volentieri sacrificato pur di ottenere ciò che voleva.
Questo tipo di antisociale è quello che viene definito secondo altri modelli psicoterapeutici narcisista maligno. Narcisista maligno perché l'antisociale non è altro che l'evoluzione massima (e, appunto, maligna) del narcisista, una persona che vuole trarre il massimo profitto dalla vita. L'antisociale di questo tipo è colui che aspira all'onnipotenza, ad avere subito ciò che vuole, senza dover rendere conto con nessuno che possa dare grane.
Vuole essere un Dio.
E un Dio è solo.
Silver si salverà per il rotto della cuffia, continuando a vivere la sua vita in discreta tranquillità. Fino a quando non arriverà alla vecchiaia, fino a quando non moriranno le persone che erano rimaste a lui vicine, la sua compagna africana, poi il vecchio pappagallo che gli faceva compagnia. Long John Silver, prima di morire, si rende conto di quanto la solitudine sia un prezzo da pagare troppo salato per ottenere la libertà, la ricchezza e la tranquillità. Si rende conto che la sua vita antisociale e solitaria l'ha lasciato irrimediabilmente solo e vecchio. Portandolo a scrivere le sue memorie, sperando che le legga l'unico amico nemico che gli è sopravvissuto, sperando che le legga e che, se proprio non arriverà a perdonarlo, almeno lo ricorderà, dando l'illusione che ci sia almeno una persona a lui vicina. John si è pentito, ha sacrificato lo scopo del contatto umano per la ricchezza e la libertà, e solo alla fine si renderà conto che queste cose non valgono se non si è disposto a condividerle con qualcuno.

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