Nella famosa fiaba di Esopo della volpe e l'uva viene descritto un esempio di evitamento. La volpe è un animale feroce e temuto, ma non riesce a raggiungere un obiettivo che risulta elevatamente difficoltoso come raggiungere l'uva. Questa cosa la danneggia non solo perché non viene placata la sua fame, ma anche perché il fallimento nella sua ricerca di cibo la ridicolizza di fronte al corvo. Sceglie quindi di ricorrere a uno stratagemma di evitamento.
Tale strategia è centrale nel disturbo evitante di personalità che, coerentemente col nome, utilizza sempre e solo questa strategia, ma anche nei soggetti narcisistici che, come lei, sono estremamente sensibili al tema dell'immagine e del rango, del potere, della forza o, come in questo caso, dell'apparente forza. La volpe è un predatore, ma non è un animale forte, è piccolo, debole rispetto ad altre fiere. Ma è furba, si rende conto che mostrare una certa qualità è più importante di averla effettivamente.
Mostrare ad altri di aver fallito significa ridicolizzarsi e chi vuole essere temuto non può risultare ridicolo, perché chi è ridicolo non fa paura, non ha potere, non è preso sul serio. Mentre chi ha potere spesso non deve sforzarsi per ottenere ciò che vuole, chi non lo ha deve combattere ogni giorno per sopravvivere e rischia di fallire.
La volpe non intende sforzarsi ulteriormente per prendere l'uva, visto che insistere comporterebbe un dispendio di energie e, specialmente, il rischio di ancora più ridicola. Tale rischio viene valutato come un prezzo troppo salato...quindi la volpe trova modo per salvare la faccia.
L'uva è acerba, è un obiettivo troppo poco valido per giustificare tale sforzo. In tal modo la volpe ha evitato di fare una brutta figura, il rango è salvo, la sua reputazione è salva, quindi va via col petto gonfio d'orgoglio e superbia. In realtà la volpe sta soffrendo doppiamente, non solo non si è sfamata, ma anche perché è intimamente frustrata dal suo fallimento, anche se in apparenza le è narcisisticamente indifferente.
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