martedì 28 marzo 2017

Il canto delle sirene

Nell'Odissea di Omero Ulisse, durante il suo lungo viaggio di ritorno incappa nel tratto di mare dove si trovano le sirene. Si dice che le sirene hanno un canto che seduce i marinai e li fa impazzire, portandoli a mandare le loro navi a infrangersi sugli scogli pur di raggiungersi. Ulisse, da una parte vuole evitare la stessa fine, dall'altra è curioso di sentire il loro canto e si fa legare all'albero maestro per non cedere alla tentazione di andare da loro. Kafka riprenderà questo racconto e descriverà in maniera diversa il modo in cui le sirene portano alla follia. Le sirene hanno le lacrime agli occhi e nn cantano, dalle loro bocche non esce alcun suono. E questo fa perdere il controllo a Ulisse.
Il silenzio è spesso associato alla fine alla morte, a un mondo destrutturante; il silenzio è anche il mezzo di comunicazione degli aspetti più intimamente emotivi dell'individuo.
La parola è razionalità, per costruire una frase dobbiamo inevitabilmente mobilitare le nostre risorse cognitive, mentre il silenzio può trasportare una miriade di significati e contenuti emotivi.
Ulisse non sa tollerare ciò.
Vedere le sirene soffrire, ma senza dire niente è per lui uno smacco.
Lui, che ha messo sotto scacco Dei, mostri, streghe e uomini con la sola forza dell'intelletto adesso si trova di fronte a una sfida che gli chiede di mettere da parte quest'unica arma che ha.
Le emozioni e gli affetti sono per lui una cosa sconosciuta, il silenzio gli impedisce di leggere analiticamente la situazione che ha di fronte, di risolvere un problema utilizzando la razionalità.
Per questo Ulisse si sente sperduto, vulnerabile, la curiosità dell'esploratore e dell'intellettuale si trasformerà in un dubbio che lo corrode dall'interno e lo porta a perdere la ragione finchè le sirene sono a portata.

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