La psicoterapia è spesso identificata come la cura della parola.
Vero.
In parte.
Vuoi attraversamento la rielaborazione verbale del passato, vuoi attraverso la discussione delle dinamiche e dei pensieri del presente, la terapia psicologica dimostra la sua efficacia attraverso la comunicazione verbale, canale principe del pensiero razionale.
Ma non sempre la razionalità ci permette di superare i problemi psicologici.
Solo chi usa la parola come principale strumento d'intervento è in grado di sapere quando la parola non è più sufficiente, per usare un'espressione da non addetti ai lavori, è impossibile far ragionare le persone in alcuni casi. Questo vale non solo nei casi più eclatanti, come le fasi acute di una psicosi non trattata, nei confronti dal ritardo mentale o del fanatismo politico o religioso, ma anche in situazioni transitorie di persone altrimenti perfettamente lucide.
In quest'ultimo caso parliamo di momenti in cui la persona ha una sofferenza emotiva o che non può essere trattata a livello razionale, perché parliamo di una ferita più profonda e antica.
Una ferita che ha trovato la sua manifestazione di sofferenza attraverso gli aspetti neurovegetativi, fisici, non più legati a una componente cognitiva il cui trattamento risulta inefficace.
Non tutti i pazienti possono essere trattati sulle loro distorsioni cognitive attraverso la parola.
Alcuni hanno ferite più arcaiche e ormai incistate, che hanno portato a reazioni automatiche e fisiche che vanno affrontate non più solo attraverso la parola e durante il presente, ma anche attraverso l'ascolto, il rapporto terapeutico e trattando gli aspetti traumatici del passato.
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