Abbiamo una serie di credenze sul mondo, sugli altri, su noi stessi e queste credenze, se disfunzionali, possono metterci in difficoltà e può essere necessaria una loro ristrutturazione cognitiva. Non ci siamo però soltanto noi, gli altri e il mondo in cui tutti viviamo.
Se pensiamo di non essere in grado di gestire una certa difficoltà, non basta cambiare il modo in cui valutiamo il nostro valore, né quello di rapportarci con gli altri né il nostro modo di vedere le più generali regole di convivenza.
Mentre la cognizione riguarda il modo in cui valutiamo soggettivamente noi e il mondo, la metacognizione ha a che fare col modo in cui valutiamo la nostra stessa mente.
E la mente è un'arma che si può rivoltare contro noi stessi.
Esistono alcune tipiche distorsioni metacognitive.
1) La convinzione di non poter controllare o di essere perfettamente in grado di controllare i nostri pensieri. Due estremi sotto lo stesso tipo di credenza (in questo caso metacredenza) sul nostro pensiero. Sia chi pensa più forte di me che chi pensa di essere in grado di tenere sotto controllo qualunque pensiero hanno problemi di fiducia nei confronti della loro stessa mente. Sia chi non si ritiene in grado di controllarsi che chi crede di farcela sempre (e quindi si scompensa quando le cose non vanno come previsto) perderà il controllo.
2) Credere che alcune strategie cognitive siano adattive. Il ruminio e il rimuginio ne sono un classico esempio. Ripensare a ciò che abbiamo fatto o a ciò che potrebbe succedere può essere utile in alcuni casi, come imparare dai propri errori o prevedere difficoltà future, ma quando il loro lavorio è rigido ed eccessivo i costi di queste attività portano a un bilancio in rosso. Specie quando ruminiamo ma non abbiamo una reale capacità di imparare dai nostri errori o quando rimuginiamo, ma non teniamo conto degli imprevisti fisiologici della vita.
3) La convinzione di avere un malfunzionamento nella testa e che ciò ci renda pazzi. Accompagnata dalla convinzione sul mondo che i cosiddetti pazzi siano condannati a un destino crudele e privo di dignità.
4) L'automatismo. Spesso accompagnato dalla frase lo dovevo fare per forza o non potevo fare altrimenti. Tipico in quei casi in cui la persona cede a riti ossessivi o ad atti violenti di vario grado, dalla violenza verbale, all'atto fisico. Chi dice queste due frasi fa un danno che può essere triplo: nei confronti di se stesso, nei confronti dell'altro e nei confronti della propria libertà. L'automatismo si regge sulla metacognizione che ad un pensiero segua per forza un'azione mentale o reale. Non solo ciò è falso, ma annulla la capacità di scelta dell'individuo, che, salvo coercizione fisica, ha sempre almeno un'alternativa a disposizione. L'automatismo non solo crea danni a chi lo compie, ma diminuisce anche le possibilità che l'azione che l'ha innescato possa essere non solo trattenuta, ma anche elaborata, in modo da elaborare le famose alternative che altrimenti sarebbero potute essere mese in atto.
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