sabato 21 ottobre 2017

Loving Vincent

Loving Vincent non è solo un eccellente film, ma è anche una bellissima metafora del lavoro di ricostruzione della storia della persona che viene fatto durante un percorso psicoterapeutico.
Ambientata un anno dopo la morte del pittore, la trama descrive gli sforzi di Armand - figlio del direttore delle poste - per consegnare l'ultima lettera di Vincent al fratello. Un compito apparentemente facile, che si trasforma in un giallo vero e proprio. Armand è un conoscente superficiale del pittoresco Van Gogh, ma dovrà inevitabilmente imparare a conoscerlo, parlando con tutti i suoi conoscenti, amici e confidenti, per cercare di scoprire dove si trova il povero fratello Theo e, in seguito, per cercare di capire se Vincent si è davvero suicidato o se qualcuno l'ha ucciso.
Tutti coloro che hanno avuto a che fare - anche per poco tempo - con Vincent, non hanno potuto fare a meno di farsi un'opinione su di lui e di costruire un rapporto intimo, visto la forza della sua personalità.
Vincent ha una personalità che possiamo definire di tipo border line.
È impulsivo, instabile, estremamente sensibile e vulnerabile rispetto alla solitudine e la sofferenza propria e altrui. Il suo stile pittorico, riportato in questo film d'animazione, è caratterizzato da tratti veloci e decisi e l'aspetto visivo del film non solo è una scelta visivamente gradevole e originale, ma descrive anche un mondo percettivamente frammentario, scattoso, a tinte forti.
È il mondo visto da molti soggetti border, un mondo caotico, confondente e confusivo, dovuto innanzitutto a una profonda frammentarietà della propria identità.
Armand si troverà a raccogliere testimonianze e indizi sulle sue ultime settimane di vita e finisce di fronte a fonti discordanti, che aumentano la sua confusione.
Qualcuno descrive Vincent come un solitario, chi come una persona buona, chi come cattiva, chi come ridicolo, chi come solitario, chi come pieno di amici, chi come egoista, chi come generoso.
Una personalità intensa e frammentaria può essere solo descritta in maniera discordante e qualità opposte, specie se le ricaviamo da fonti di seconda mano.
Armand a poco a poco diventa una sorta di investigatore e psicoterapeuta ante litteram.
Tutti i pazienti sono dei gialli, ci sono quelli meno e più interessanti.
I pazienti border sono sicuramente quelli più complicati e avvincenti perché più confondenti ed emotivamente predatori.
Il paziente offre tutto se stesso al terapeuta, ma il terapeuta accetta implicitamente di fare altrettanto, una scommessa che può arrivare a essere distruttiva.
Il border non può essere visto allo stesso modo da due persone diverse, a volte neanche dalla stessa persona, vista l'immane mutevolezza identitaria di cui soffre.
Avere a che fare con loro significa entrare in un rapporto esclusivo e privilegiato, ma fatto di montagne russe, perché il viaggio con loro è quello durante una turbolenza emotiva.
La stessa persona può renderci in poco tempo felici e tristi, ci esalta e poi ci svaluta, ci distrugge e ci aiuta a ricrescere, ci fa sentire un Dio o l'ultimo degli imbecilli.
Non tutti sono in grado di affrontare un viaggio simile.
Qualcuno si ferma all'ultima tappa che ha affrontato, derubricando questa persona al matto del villaggio o anche con termini solo negativi; qualcuno cede perché non tollera più queste montagne russe, magari conserva l'ultimo buon ricordo, ma conclude che non può più gestire questo viaggio con lui; qualcuno affonda nel mare della sofferenza del paziente border, come succede tragicamente col fratello Theo; e qualcuno, se ce la fa e non si fa confondere troppo, se regge ai continui scossoni, riesce a fare questo viaggio fino alla fine.

Nessun commento:

Posta un commento