sabato 13 dicembre 2025

Rabbia e sfoghi

 

La rabbia è un'emozione primaria, naturale e affascinante.

Molti la condannano, altri la permettono solo in alcuni soggetti e in alcuni casi, condannandola in altri, all'interno di un doppio standard discutibile. Cognitivamente parlando la rabbia è ciò che proviamo quando sentiamo un'ingiustizia. Chi è arrabbiato crede sempre di avere ragione.

Lo crede, non è detto che abbia effettivamente ragione.

Per questo Confucio dice che, sia in caso di torto o di ragione, non ci dovremmo mai arrabbiare.

Ci stanno invece modelli che rinunciano alla soppressione di tale emozione.

Un modello abbastanza stagionato, ma con la sua coerenza interna è quello idraulico.

Un'emozione (o una pulsione) emette una pressione che richiede il suo sfogo e soddisfacimento. 

Sfoghiamoci e questa tensione si sfiata.

Vedo una persona che (credo che) mi guardi male, la picchio e sono felice.

Anche questa è una filosofia affascinante. Un po' ruvida.

Se vogliamo proporre (non imporre) un altro modello è quello per il quale molte emozioni e molti comportamenti a esse legati non si esauriscono una volta sfogati.

Possiamo picchiare tutti quelli la cui esistenza ci disturba o che riteniamo causa dei mali nostri, nel mondo e verso le nostre persone più care.

Saremmo inizialmente molto soddisfatti all'inizio.

Ma, anche se riuscissimo a punire tutti coloro che per noi meritano una punizione, ipotizziamo che ci sarebbe ancora una porzione di insoddisfazione in noi, con una tendenza al rimuginìo che la rialimenta.

Perché la rabbia genera rabbia e la violenza genera violenza. 

Se proprio dobbiamo sfiatare questa rabbia cerchiamo di contingentarne lo sfogo, come per lo sfiatatoio di una pentola a pressione, non tappandola fino alla sua esplosione o aprendo il tappo all'improvviso e sfogarci caoticamente.

Chiaramente non è facile, ci vogliono auto disciplina e capacità di auto-osservazione o quantomeno la fiducia nei confronti di persone sensibili ed emotivamente competenti, senza allontanarle o fidarsi al contrario di soggetti incapaci e/o disonesti.

domenica 23 novembre 2025

Smetto quando voglio

 


Il termine azzardo deriva dal francese hasard, probabilmente derivato dalla parola araba az-zahr, indica quando affrontiamo un rischio di cui non conosciamo le probabilità.

Rischio non significa che perderemo sicuro, significa che ci sta qualche probabilità a riguardo. 

Non conoscere le probabilità non significa necessariamente che non sono note, significa che non ne siamo in grado, cosa per cui allibratori o docenti di statistica sanno invece perfettamente se hanno studiato. Non a caso alcuni professionisti e intellettuali sanno quali attività di azzardo evitare e non.

Chi non ha studiato non lo sa.

Gioco d'azzardo non è solo quando andiamo a Las Vegas, né quando giochiamo alle scommesse sportive, né quando finiamo nelle mani degli strozzini o ci giochiamo al gioco la casa o l'attività di famiglia.

Non a caso chi gioca spesso d'azzardo (e ci spende e perde molto!) è spesso una persona di bassa estrazione sociale e culturale e, salvo alcune note e famose eccezioni, è anche in condizioni di povertà.

Ma il gioco d'azzardo non si limita solo a quello, come molte compulsioni e dipendenze può operare in maniera più subdola e meno vistosa, non a caso chi soffre di Dipendenza da Gioco D'azzardo (GAP) sono seguiti presso gli stessi Servizi per le Dipendenze (SERD) che trattano tossicomani e alcolisti.

Il gioco d'azzardo non è solo quello illegale (tipo le bische clandestine), non è solo quello .legalizzato (tipo le macchinette al bar), ma è anche quello istituzionalizzato, come il biglietto della lotteria. Chiaramente il giocatore-scommettitore dirà che gioca poco, che lo fa per la famiglia, che ha calcolato tutti i rischi, che prega prima di giocare la sua schedina.

Cosa assai furba.

lunedì 10 novembre 2025

Aiuto

 

Ci sono tanti tipi d'aiuto: a pagamento, gratuito, sovraiuto, aiuto fasullo, aiuto riparatore, aiuto solo formale, aiuto caritatevole, aiuto con implicito messaggio sprezzante e altri tipi. L'aiuto è ciò che accade quando adottiamo temporaneamente o permanentemente gli scopi del'altro, in quanto giudicato richidene e/o sofferente da chi aiuta. Oltre all'aiuto abbiamo la richiesta del aiuto, che  non sempre corrisponde con i reali scopi e al modo di raggiungerli di cui necessita realmente il soggetto aiutato. Spesso chi vuole ricevere un aiuto non è soddisfatto,  neanche quando è il soggetto  stesso a chiederlo. Esistono diverse forme di aiuto, una componente di aiuto pratico e strumentale e una emotiva, molti hanno diverse percentuali di natura dell'aiuto, a volte sono interamente sbilanciate su quello strumentale o su quello emotivo o ne hanno diverse componente. Chi non è soddisfatto non è avido o ingrato, magari a ricevuto un tipo di aiuto che non voleva, non si è sentito capito/a rispetto ai suoi reali bisogni. L'aiutante non deve solo aiutare, deve anche capire in quale componente deve aiutare, decifrando la richiesta o il silenzio di chi vorrebbe essere aiutato. Decifrare la richiesta di aiuto, se abbiamo deciso di dare una mano, significa anche dover capire di cosa ha realmente bisogno l'altro, anche quando la sua richiesta di aiuto o l'espressione della sofferenza esprimono un bisogno diverso da quello reale. Spesso le richieste d'aiuto sono poste come se si trattasse di un aiuto materiale, chiediamo soldi, aiuto nello studio, nel lavoro, nella gestione degli impegni. Ma vogliamo solo un supporto emotivo, anche se non lo chiediamo. E viceversa.

sabato 8 novembre 2025

Il disco rotto

 

Sto leggendo il libro Storia criminale del Cristianesimo.

L'autore, uno storico tedesco, nelle premesse scrive per quasi 50 pagine il ritornello storiografico per cui la sua Tesi volutamente descrive solo fatti a favore di una condanna di questa Religione, citando solo esempi a suo favore.

Per quanto continuerò a leggerlo risulta iniziare in una maniera una tantino monotematica e ripetitiva.

Questo richiama la famosa tecnica assertiva del disco rotto.

Una tecnica un poco brutale e rozza, ma sensata ed efficace. Rischiosa se mandata avanti in maniera continuata per troppo tempo.

Quando ci troviamo di fronte ad atteggiamenti animati da falsità, scorrettezza, ingiustizia e disfunzionalità dobbiamo emettere i nostri principi. Ripetutamente. Testardamente. A costo di sembrare noiosi e a volte anche un poco stupidi, dove le nostre affermazioni ricordano vagamente un disco rotto che suona in loop.

Ma è giusto così.

Dobbiamo ricordare che non siamo noi quelli strani.

Lo sono gli altri, che fra l'altro per un tempo iniquamente sproporzionato rispetto al nostro hanno alimentato le loro menzogne.

mercoledì 10 settembre 2025

Lilo e Stitch

 


Lilo e Stitch è il film tratto dall'omonimo cartone sempre della Disney che ritenta il colpo sicuro ripuntando a un suo titolo di successo con la versione live-action che pare stia andando di nuovo bene. Mediamente ambizioso visto che le variazioni al tema sono fondamentalmente pochine (a parte alcune sfaccettature nel finale e il personaggio dell'assistente sociale riconvertito al femminile con una Tia Carrere ripescata dagli anni'90 e ottimamente conservata), ma presentano un tema sociale e psicologico particolarmente impattanti.

Lilo è una bambina hawaiana di 6 anni orfana e simpatica, ma sola, divergente e isolata, cresciuta da una sorella che si è presa l'oneroso impegno di crescerla e barcamentarsi rispetto al suo ruolo di figura d'attaccamento combinata oltre che studentessa (ormai ha rinunciato agli studi) e lavoratrice.

Socialmente parlando vediamo una storia tragica e l'altra faccia della medaglia di una realtà che, aldilà della scoppiettante realtà hawaiana vacanziera vede un proletariato vivere in luoghi fatiscenti e abbandonati, oltre che vessati - per l'appunto - dai servizi sociali. Lilo è fondamentalmente una bambina sola e arrabbiata, che si sente abbandonata da una realtà trascurante e a volte persecutoria, sia da parte del mondo degli adulti, insegnanti perplessi, assistenti sociali minacciosi, una sorella stanca, nervosa e inevitabilmente goffa che dei coetanei, che la bullizzano, la escludono e le ricordano che non ha nessuno. Lilo da bambina non sa vedere le ragioni che portano il mondo a presentarsi a lei come un mondo cattivo, in fondo gli assistenti sociali fanno il loro sporco lavoro, la sorella è frustrata e sente il mondo caderle sulle spalle, gli insegnanti gestiscono una situazione complessa ben più impegnativa rispetto alle loro capacità, i bambini sono, in fondo, solo dei bambini, magari anche loro con storiacce familiari alle spalle!

Lilo pensa sempre alla Ohana, la famiglia allargata secondo il modello della cultura hawainana, una famiglia che non sente. In fondo è solo una bambina, non sa dare una spiegazione e una giustificazione rispetto al fatto che sente che i genitori l'hanno abbandonata, quando in realtà non ci sono semplicemente perché sono morti!

Lilo si comporta da bambina cattiva perché si sente cattiva, gioca in attacco in un mondo che la fa sentire abbandonata e attaccata, l'unico suo desiderio è di avere una persona a lei vicina, di avere la sua  Ohana.

Anche Stitch è in fondo un bambino, un bambino creato in laboratorio e con poteri pericolosi eccezionali. Come Lilo non ha chiesto di nascere. Come Lilo si sente vittima degli eventi ben al di sopra di lui. Nato nello Spazio, dove niente più di altro ti fa sentire solo, frutto di giochi di potere fuori dalla sua portata e comprensione. E costretto a stare all'interno di un Universo che non gli ha chiesto il permesso se voleva esistere e di cosa avrebbe potuto e voluto fare, un Universo che impone solo regole, legacci, limitazioni alla sua Libertà.

Anche Stitch è un monello.

Anche Stitch fugge.

E trova Lilo.

E nasce una relazione che mai nessuno di loro ha avuto, dove l'uno si prende cura dell'altro.

lunedì 11 agosto 2025

Incompetenza

 



Il termine di incompetenza è legato a diverse definizioni al contesto e pertanto, se da una parte porta a una grande ricchezza linguistica della lingua italiana, crea anche equivoci. Chiaramente se la Psicologia e  in parte la Psichiatria poggiano in tutto o in parte le loro basi sull'uso della lingua è molto importante starci attenti.

Il termine Incompetente porta a 3 definizioni

- individuo che sa poco di una certa Disciplina

- individuo impreparato e poco capace nella sua stessa attività

- individuo che giuridicamente non ha diritto di agire in un certo campo

Se la terza definizione è legata al non poter fare certe azioni per Legge (anche se per caso potrebbero riuscire anche bene!) le prime 2 sono simili, sono legate al sapere e al saper fare, ma non uguali.

Una persona può non sapere qualcosa di una certa Disciplina, specie se non guadagna con essa. Io per esempio sono sinceramente incompetente per quanto riguarda l'ipnosi regressiva. E un poco anche fieramente. E non so se potrei ugualmente utilizzare questa tecnica. 

Ma non mi va di approfondire, non mi interessa.

E per fortuna nessuno potermi scocciare finché non lavoro con queste tecniche.

 Colui o colei che invece dovrebbe fare una certa attività e non gli/le riesce è il secondo tipo di incompetente.


mercoledì 6 agosto 2025

Paganini non ripete

 

Prendiamo per vero quanto letto in giro fra fonti ufficiali, semi- ufficiali e aneddotiche, dichiarando con umiltà intellettuale una conoscenza non significativa del suddetto personaggio e rimandando ad altri esperti realmente competenti.

Niccolò Paganini è un grande musicista e un grande virtuoso. Molto talentuoso, scampato per poco alla morte, brillante e molto pieno di sè, consapevole della propria bravura, fortuna e forse anche di aver rischiato una giovanissima morte e l'oblio.

Una frase a lui attribuita è "Paganini non ripete", rinforzando l'alone di un musicista leggendario quale lui era, si credeva di essere ed era considerato.

Questo vezzo può essere un insegnamento importante.

Nella vita incontriamo soggetti scadenti, prepotenti, bugiardi, incompetenti, patetici, egoisti, ignoranti, meschini, nocivi e talvolta negativi a 360 gradi e indegni per l'esistenza.

Possiamo far finta di niente.

O possiamo notarlo.

Possiamo non dirlo, ma possiamo anche dirlo, evidenziarlo, prendere atto di quanto è scadente il circondario umano che ci ammorba e farlo notare agli altri, al mondo, addirittura ai suddetti interessati.

Con ironia, sarcasmo o con una fenomenologica descrizione dello schifo a cui assistiamo.

Pur rischiando grosso se lo facciamo.

E se lo facciamo, per quanto possa essere drammaticamente sfizioso farlo, ricordiamo che esplicitare ciò dà una soddisfazione effimera.

Quindi non ripetiamo.

Oppure, sempre cha l'abbiamo passata liscia la prima volta, se lo rifacciamo qualcuno ce la potrebbe fare pagare. 
oltre al fatto che rischiamo di annoiare noi stessi!